Quantcast
Viewing latest article 5
Browse Latest Browse All 7

Il contratto nella famiglia di fatto.

Sono sempre più frequenti le coppie che decidono di convivere, invece che sposarsi. La convivenza può essere frutto di una scelta volontaria, oppure costituire l’unico strumento attraverso cui persone, che non possono contrarre matrimonio, intendono costruire una famiglia (le persone del medesimo sesso, ovvero quelle separate, ma ancora in attesa di divorzio).

La giurisprudenza, negli anni, ha progressivamente riconosciuto rilevanza costituzionale a questi nuovi modelli di famiglia, purchè  dotati dei requisiti della serietà di intenti e da una tendenziale stabilità.

Manca peraltro in Italia una legislazione al riguardo, mentre vi sono varie norme, che a fini specifici equiparano la posizione del convivente a quella del coniuge (ad es. entrambi sono legittimati a chiedere l’apertura di un procedimento di amministrazione di sostegno del partner, ovvero l’emissione di un ordine di protezione; un periodo di prolungata convivenza prematrimoniale rileva ai fini della richiesta di adozione).

Proprio la mancanza di una disciplina, in termini generali, ha aperto il dibattito se le norme di legge che regolano i diritti ed i doveri degli sposi, durante la vita matrimoniale e nell’eventuale successiva fase di crisi della coppia, siano applicabili estensivamente ai conviventi.

La risposta è tendenzialmente negativa, stante la differenza intrinseca tra matrimonio e convivenza. Proprio in ragione di ciò, si discute se i conviventi possano assumere diritti ed obblighi reciproci attraverso un accordo tra gli stessi volontariamente stipulato.

Inizialmente la dottrina italiana era contraria alla stipulazione di contratti di convivenza, sostanzialmente nel presupposto che obblighi di solidarietà e di assistenza tra conviventi non avrebbero rilevanza giuridica, nemmeno se inseriti all’interno di uno schema contrattuale. Con il tempo l’orientamento si è in parte modificato.

Se pur con le doverose e necessarie cautele, è da ritenere oggi possibile che i conviventi, attraverso un accordo, disciplinino il regime del loro menage durante il periodo in cui coabitano, ma pure in quello successivo, ove la convivenza dovesse venir meno.

L’accordo potrà riguardare solo i profili patrimoniali (contributo all’andamento della famiglia, regime di eventuali acquisti, ma anche previsione di un assegno di mantenimento);  sarebbe invece inammissibile un patto che riguardasse profili personali (ad es. l’impegno di rimanere insieme per almeno un determinato periodo di tempo, di avere o non avere figli, ecc.). 


Viewing latest article 5
Browse Latest Browse All 7

Trending Articles