Ho 26 anni e un compagno da tre anni. Viviamo insieme e otto mesi fa abbiamo avuto un bambino. Su nostro figlio andiamo abbastanza d’accordo anche se me ne occupo totalmente io. Il mio compagno lavora e sta fuori casa tutto il giorno e io invece dopo la laurea mi sono dovuta dedicare al bambino e quindi non ho mai potuto pensare al lavoro per cui ho studiato tanti anni. Noi dipendiamo completamente dal mio compagno che non capisce la mia situazione. Infatti le nostre discussioni riguardano i miei bisogni economici. Io non trovo giusto che lui mi dia solo i soldi per la spesa o per acquistare le cose per nostro figlio perché anche io ho delle esigenze e se sacrifico il mio futuro lavorativo per la famiglia devo avere dei soldi su cui contare e anche delle garanzie. Gli ho chiesto di sposarci ma lui non vuole facendomi sentire rifiutata e sfruttata. Anzi mi sento incastrata. Amo il mio bambino e per lui farei tutto ma quello che mi fa soffrire è che se non trovo una indipendenza non potrò mai dargli un futuro e dovrò sempre dipendere dal mio compagno. Ho proposto di iscriverci ai registri delle unioni di fatto anche se non ho ben capito che sicurezze ci sono. Comunque a lui non va bene nemmeno questo. Non vorrei essere portata a separarmi ma che alternativa ho? Ora siamo una coppia di fatto, quindi non ho diritto a niente e non lo trovo giusto. Lei cosa ne dice?
La sua storia è complessa ma purtroppo frequente. Ragioniamo per passaggi. In Italia le coppie di fatto non possono beneficiare della normativa vigente per le coppie sposate. E sotto questo profilo confesso di essere d’accordo anche io. Se ci si vuole assumere impegni reciproci ci si sposa. Lasciando così libero in un rapporto di fatto chi, invece, non vuole essere responsabilizzato verso l’altro. Uno schema interessante sulla differenza tra coppie di fatto e sposati lo si può vedere in http://www.linkiesta.it/coppie-di-fatto. Nel suo caso la situazione è molto delicata perché lei (per ora) ha rinunciato al suo futuro per costruire una famiglia ed avere un bambino. Di conseguenza il suo compagno dovrebbe aiutarla e farla sentire meno isolata possibile. Tenga però presente che, in generale, non è facilissimo comprendere le ragioni dell’altro, quindi, bisogna aiutarsi a capire attraverso i fatti. E il primo fatto potrebbe essere quello di mettere il bambino all’asilo nido. Così lei potrebbe cominciare a trovarsi un lavoro part-time. Rendendosi non dico indipendente ma iniziando ad entrare nel mondo del lavoro. In quell’occasione potrebbe chiedere al suo compagno di iscrivervi al registro delle unioni civili della vostra zona per beneficiare delle agevolazioni nella formazione delle graduatorie per gli asili nido. Rassicurandolo che non comporta l’assunzione dei diritti e dei doveri che scaturiscono dal matrimonio. Infatti, come si legge nel sito del Comune di Milano “chi si iscrive al registro è equiparato al “parente prossimo del soggetto con cui si è iscritto” ai fini della possibilità di assistenza.” (http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/ContentLibrary/Ho%20bisogno%20di/Ho%20bisogno%20di/Registro%20delle%20Unioni%20Civili#par31). Questo passaggio forse le darà un po’ di sicurezza in più. Entrambi dichiarate pubblicamente di essere una famiglia. Dopo di che, se le cose non si aggiusteranno, lei potrà anche pensare alla separazione. Ovviamente, come noto, lei non avrà diritto ad un contributo al mantenimento per sé ma potrà sicuramente essere assegnataria della casa familiare per viverci con il bambino. E il suo compagno dovrà contribuire al mantenimento di vostro figlio, proporzionalmente ai suoi (di lui) redditi.