Siamo una coppia gay che convive da 7 anni. La casa è di mia proprietà ma vorrei essere tranquillo che, se io dovessi mancare prematuramente, il mio compagno avrà la possibilità di rimanerci dentro fino a quando lo vorrà. Ho letto su internet che ci potrebbero essere dei problemi di rivendica di eredità da parte dei miei. Anche se sono certo che non lo farebbero mai, vorrei essere tranquillo. Io ho una madre e un fratello che sarebbero quindi i miei eredi. Pensavo di fare testamento ma mio cugino che è notaio mi ha consigliato di fare il vincolo di destinazione a favore del mio compagno. Dice che così se io dovessi mancare gli garantirò di poter continuare a vivere nella nostra casa. Lei cosa ne pensa?
Che sono molto d’accordo. Cominciamo a fare chiarezza. Il vincolo di destinazione è un istituto utilissimo e adattabile a infinite realtà. E’ stato introdotto nel nostro ordinamento all’art. 2645 ter cod.civ. (http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/codici/codiceCivile/indice/articolo.635.5.0.0.4.html) e prevede che una persona possa destinare determinati beni immobili e mobili registrati “alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela” per una durata non superiore a novant’anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria. Quindi direi che ci siamo, è l’istituto giusto per lei. Ora passiamo al profilo meramente pratico. Lei si recherà dal suo cugino notaio e stipulerà un atto di destinazione con cui garantirà al suo compagno il godimento della casa vita natural durante. Se lei dovesse premorire a sua madre questo che segue è lo scenario. Si aprirà la sua successione e la sua casa entrerà nella massa attiva. L’intestazione della proprietà della casa andrà per il 50% a sua madre e per l’altro 50% a suo fratello (che, per l’effetto, saranno tenuti al pagamento dell’IMU). Se lei non avrà altro patrimonio al di fuori della casa, questo vincolo di destinazione sarà sicuramente lesivo della quota di riserva di sua madre che, diversamente da suo fratello, è erede legittimario. La lesione sta nella impossibilità di sua madre di godere appieno del proprio 33,33 di eredità che le spetta per legge. Allora è evidente che bisogna cautelarsi e organizzare questa eventualità attraverso l’accantonamento di quanto potrebbe valere il 33,33% della casa, così da permettere al suo compagno di liquidare sua madre. Se invece la vicenda segue quello che dovrebbe essere il normale corso degli eventi, il suo compagno si godrà la sua casa fino all’ultimo dei suoi giorni dopo di che la casa sarà nella piena disponibilità di suo fratello o dei suoi discendenti.
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La casa andrà al compagno di una vita
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